Equilibrio di un Corpo Immerso
APPROFONDIMENTI > STABILITA'
La legge fisica in base alla quale la nave galleggia è nota come principio di Archimede.
Secondo la tradizione, il grande scienziato siracusano di origine greca formulò la sua legge mentre faceva il bagno e ne dette annuncio a chi gli stava vicino con il fatidico "EUREKA! Ho trovato: un corpo, immerso in un fluido, riceve una spinta diretta dal basso verso l'alto e di intensità uguale al peso del volume di liquido spostato". La spinta, quindi, risulta proporzionale alla densità del liquido in cui il corpo è immerso (vale a dire che a parità di volume spostato l'acqua di mare dà una spinta superiore all'acqua dolce) ed al volume della parte immersa nel liquido.
Secondo la tradizione, il grande scienziato siracusano di origine greca formulò la sua legge mentre faceva il bagno e ne dette annuncio a chi gli stava vicino con il fatidico "EUREKA! Ho trovato: un corpo, immerso in un fluido, riceve una spinta diretta dal basso verso l'alto e di intensità uguale al peso del volume di liquido spostato". La spinta, quindi, risulta proporzionale alla densità del liquido in cui il corpo è immerso (vale a dire che a parità di volume spostato l'acqua di mare dà una spinta superiore all'acqua dolce) ed al volume della parte immersa nel liquido.
In sostanza, un corpo immerso in un liquido si trova soggetto a due forze distinte e dirette in senso opposto (vedi figura 2):
• peso proprio del corpo, diretto verso il centro della terra e cioè verso il basso;
• peso della massa di liquido spostato dalla presenza della parte immersa del corpo;
A questa forza, diretta verso l'alto secondo il principio di Archimede, viene dato il nome di SPINTA.
Affinché il corpo rimanga a galla e mantenga l'assetto voluto (stia in equilibrio) è necessario che:
• le due forze suddette abbiano la stessa intensità (peso e spinta lo stesso valore);
• le rette d'azione delle due forze coincidano (peso e spinta agiscano sulla medesima retta, ciascuno in senso opposto all'altro);
• la spinta necessaria a pareggiare il peso sia ottenuta immergendo una parte del corpo.
A questo riguardo, se per ottenere una spinta sufficiente ad uguagliare il peso occorra immergere tutto il corpo, ci si troverebbe nel caso particolare del sommergibile in affioramento. Se con tutto il corpo immerso la spinta risultasse insufficiente, allora il corpo, salvo casi molto particolari, sarebbe destinato inesorabilmente ad affondare.
• peso della massa di liquido spostato dalla presenza della parte immersa del corpo;
A questa forza, diretta verso l'alto secondo il principio di Archimede, viene dato il nome di SPINTA.
Affinché il corpo rimanga a galla e mantenga l'assetto voluto (stia in equilibrio) è necessario che:
• le due forze suddette abbiano la stessa intensità (peso e spinta lo stesso valore);
• le rette d'azione delle due forze coincidano (peso e spinta agiscano sulla medesima retta, ciascuno in senso opposto all'altro);
• la spinta necessaria a pareggiare il peso sia ottenuta immergendo una parte del corpo.
A questo riguardo, se per ottenere una spinta sufficiente ad uguagliare il peso occorra immergere tutto il corpo, ci si troverebbe nel caso particolare del sommergibile in affioramento. Se con tutto il corpo immerso la spinta risultasse insufficiente, allora il corpo, salvo casi molto particolari, sarebbe destinato inesorabilmente ad affondare.
Passando al caso specifico della nave (vedi figura 3):
• la forza peso, alla quale viene dato il nome di DISLOCAMENTO (indicato la lettera D), è applicata nel centro di gravità o baricentro della nave, (indicato con la lettera G);
• la spinta, (indicata con la lettera S), è applicata in un punto Cs (centro di spinta) della massa d'acqua spostata dalla parte di scafo alla quale viene dato il nome di CARENA.Tale punto è di difficile determinazione, ma si può dimostrare che esso è sulla verticale al piano di galleggiamento passante per il centro del volume della carena il quale viene chiamato "CENTRO DI CARENA" (indicato con la lettera B), ad una quota (cioè ad una profondità) maggiore di quest'ultimo (vedi figura 2). Per ragioni pratiche, si è convenuto di considerare come punto di applicazione della spinta il centro di carena B.
Alla luce di quanto detto sopra, affinché la nave stia a galla (in equilibrio dritta) occorre:
• che i punti G e B appartengano entrambi alla verticale passante per G e al piano di galleggiamento della nave;
• che spinta S e dislocamento D si equivalgano;
• che lo scafo non sia totalmente immerso.
La parte di scafo immersa (carena) viene chiamata anche "opera viva", appunto per sottolineare la sua fondamentale importanza ai fini del comportamento in mare della nave.
La parte di scafo fuori dall'acqua viene, per contrapposizione, chiamata "opera morta".
Notiamo che le tre condizioni suindicate non ci soddisfano ancora del tutto, in quanto la meccanica applicata ci ricorda che un generico equilibrio può essere stabile, instabile o ancora indifferente.
Un equilibrio instabile non sarebbe, nel caso della nave a galla, accettabile, in quanto alla minima causa sbandante essa tenderebbe a rovesciarsi.
Un equilibrio indifferente, accettato in casi particolari, come quello del sommergibile nelle cruciali fasi dell'immersione e dell'emersione, non sarebbe accettabile per la nave a galla in quanto essa non avrebbe un assetto definito.
L'equilibrio deve quindi essere necessariamente STABILE, vale a dire che ad ogni causa sbandante la nave deve reagire tendendo a tornare nella posizione iniziale, cioè diritta. Questa condizione si verifica quando le posizioni relative del baricentro nave G e del centro di carena B sono tali per cui una qualunque causa sbandante genera una coppia antagonista, analiticamente rappresentata da un momento, definito con le regole della meccanica applicata (prodotto di una forza per un braccio).
In architettura navale tale coppia viene chiamata, appunto, COPPIA o MOMENTO DI STABILITA'.
• la forza peso, alla quale viene dato il nome di DISLOCAMENTO (indicato la lettera D), è applicata nel centro di gravità o baricentro della nave, (indicato con la lettera G);
• la spinta, (indicata con la lettera S), è applicata in un punto Cs (centro di spinta) della massa d'acqua spostata dalla parte di scafo alla quale viene dato il nome di CARENA.Tale punto è di difficile determinazione, ma si può dimostrare che esso è sulla verticale al piano di galleggiamento passante per il centro del volume della carena il quale viene chiamato "CENTRO DI CARENA" (indicato con la lettera B), ad una quota (cioè ad una profondità) maggiore di quest'ultimo (vedi figura 2). Per ragioni pratiche, si è convenuto di considerare come punto di applicazione della spinta il centro di carena B.
Alla luce di quanto detto sopra, affinché la nave stia a galla (in equilibrio dritta) occorre:
• che i punti G e B appartengano entrambi alla verticale passante per G e al piano di galleggiamento della nave;
• che spinta S e dislocamento D si equivalgano;
• che lo scafo non sia totalmente immerso.
La parte di scafo immersa (carena) viene chiamata anche "opera viva", appunto per sottolineare la sua fondamentale importanza ai fini del comportamento in mare della nave.
La parte di scafo fuori dall'acqua viene, per contrapposizione, chiamata "opera morta".
Notiamo che le tre condizioni suindicate non ci soddisfano ancora del tutto, in quanto la meccanica applicata ci ricorda che un generico equilibrio può essere stabile, instabile o ancora indifferente.
Un equilibrio instabile non sarebbe, nel caso della nave a galla, accettabile, in quanto alla minima causa sbandante essa tenderebbe a rovesciarsi.
Un equilibrio indifferente, accettato in casi particolari, come quello del sommergibile nelle cruciali fasi dell'immersione e dell'emersione, non sarebbe accettabile per la nave a galla in quanto essa non avrebbe un assetto definito.
L'equilibrio deve quindi essere necessariamente STABILE, vale a dire che ad ogni causa sbandante la nave deve reagire tendendo a tornare nella posizione iniziale, cioè diritta. Questa condizione si verifica quando le posizioni relative del baricentro nave G e del centro di carena B sono tali per cui una qualunque causa sbandante genera una coppia antagonista, analiticamente rappresentata da un momento, definito con le regole della meccanica applicata (prodotto di una forza per un braccio).
In architettura navale tale coppia viene chiamata, appunto, COPPIA o MOMENTO DI STABILITA'.